Rhizostoma pulmo, il polmone di mare

Se ci sono degli organismi marini che suscitano più di tutti le paure dei bagnanti, oltre gli squali, questi sono senza dubbio le meduse ma per il Rhizostoma pulmo va fatto un discorso a parte.

Il suo nome comune è Polmone di mare, è uno scifozoo appartenente alla famiglia Rhizostomatidae. Viene chiamato così a causa del suo movimento ritmico che ricorda il contrarsi ed espandersi di un polmone. Questo movimento è provocato dalla contrazione pulsante di una fascia muscolare presente nel margine del suo ombrello che forma un anello per tutta la sua circonferenza.

Descrizione del Polmone di mare

Ci troviamo a parlare della medusa più grande tra quelle presenti nel Mar Mediterraneo, il suo cappello raggiunge anche i 60 cm di diametro portandola a  pesare oltre 10 kg. Gli esemplari giovani si riconoscono dal colore trasparente che va diventando sempre più opaco ed opalescente man mano che cresce. Ha il margine del capello di colore violaceo e sotto al cappello il corpo (detto manubrio) presenta otto prolungamenti di tessuto biancastro grumoso. Possiede inoltre otto tentacoli, che partono dalle membrane, translucidi e sfrangiati.

Una medusa polmone (Rhizostoma pulmo)  di mare in tutta la sua livrea
Un esemplare di Rhizostoma pulmo con tutte le caratteristiche della sua specie evidenti. By Ales Kladnik from Ljubljana, Slovenia.

È una specie solitaria e prettamente epipelagica, vive quindi nella fascia di mare fino a una profondità di 200 metri lontano dalle coste ma può capitare che si riunisca in grandi banchi formati da centinaia di esemplari e che si avvicini alle coste.

Pericolosità

Sentirete dire che non è una specie urticante e non rappresenta quindi un pericolo per l’uomo. Vero ma non del tutto. In realtà Rhizostoma pulmo rilascia una tossina in acqua che ha effeto fino a qualche metro attorno a lei e può provocare, in individui sensibili, prurito e bruciore fino anche a delle lievi abrasioni. Il contatto con i tentacoli (sempre parlando di individui sensibili) provoca lievi irritazioni che durano comunque poco tempo.

In caso di puntura

In questo caso lasciamo parlare gli esperti e teniamo da parte i tuttologi.

Il dottor Enzo Berardesca, ex direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma, ha stilato il seguente Vademecum che vale in via generale per tutte le meduse.

Cinque cose da fare

  1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.
  2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.
  3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).
  4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.
  5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico – spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

Cinque cose da non fare

  1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.
  2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi – sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».
  3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.
  4. Se la reazione è localizzata, non usare creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.
  5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).
Una Rizostoma pulmo spiaggiata presa a mani nude dimostrando la sua scarsa pericolosità per l’uomo.

Osservazione

Non indichiamo dei punti geografici o dei periodi specifici, in quanto questa medusa c’è in tutti i mari attorno la nostra isola ed è presente praticamente tutto l’anno. Non è certo possibile stabilire a priori di andare ad osservarle ma se capita di avvistarla in mare è possibile farlo con una semplice maschera da sub e potremmo anche facilmente fotografarla data la sua andatura lenta, ovviamenrte se abbiamo una macchina fotografica subacquea o una action cam.

Si tratta insomma di un organismo affascinante e con un po’ di attenzione possiamo osservarlo molto da vicino.

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