Il bosco di Santo Pietro è una riserva naturale orientata che si trova nel quadrilatero formato dai quattro comuni di Caltagirone, Nicemi, Acate e Mazzarrone. Nella parte interna del bosco ci si  trova sotto delle magnifiche querce da sughero, una delle piante che compone la flora ricca di questo bosco. Ricca perché sono più di 400 le specie vegetali presenti.

Flora e fauna del Bosco di Santo Pietro

Abbiamo diverse specie di quercia oltre la sughera: c’è la roverella, il leccio e la quercia spinosa oltre agli eucalipti e i pini. Il sottobosco è a macchia mediterranea e quindi troviamo rosmarino, timo, lentisco, tamerice, cisto, erica e ginestrone. Da segnalare inoltre le numerose specie di orchidee spontanee (ophrys, anacamptis, neotinea, orchis, seriapis ecc…) che fioriscono nel periodo primaverile. La fauna è anch’essa molto ricca e comprende: istrice, lepre, coniglio selvatico, donnola, topo quercino, riccio europeo, gatto selvatico, volpe, testuggini di terra, rospo smeraldino, biacco, colubro leopardino, saettone, biscia e vipera aspis. Oltre novantasei specie di uccelli diverse fra cui le cince, occhiocotto, ghiandaia, picchio rosso maggiore, pendolino, gheppio, poiana, upupa, gufo comune, civetta, assiolo e barbagianni. Molto varia è anche tutta la microfauna composta da tutti quei vari insetti e aracnidi tipici di questi ambienti.

 

Importanza storica del bosco di Santo Pietro

Il bosco di Santo Pietro viene falcidiato ogni anno dagli incendi e attualmente ha un area di 6.000 ettari che si trova a delle altitudini che vanno da 50 metri livello del mare fino a 390 metri sul livello del mare, per questo abbiamo tanta varietà di ambienti. Oltre le parti fitte di bosco ci sono zone di pineta, zone dove scorrono dei piccoli torrenti ma anche zone più aride e più aperte. Possiamo quindi osservare animali e piante diverse in ambienti diversi. L’importanza storica di questo bosco per la città di Caltagirone, inizia fra la metà del 1100 e il 1200 quando il re normanno Ruggero I d’Altavilla lo donò ai calatini, con la Baronia di Fetanasimo, come ricompensa per l’aiuto datogli nell’affrontare i Saraceni diventando in breve tempo una ricchezza per i cittadini. Molti lavoravano con il sughero per guadagnare qualcosa ma venivano anche a cacciare i cervi, ormai estinti qui, in modo da sfamarsi e pagare con la carne gli affitti. Pensate che fino al dopoguerra questo posto ha costituito una fonte di risorse molto importante in quanto è stata proprio la lavorazione del sughero ad aver permesso, in buona parte, la ricostruzione della città.

Nel cuore del bosco di Santo Pietro

Dalla contrada Molara, percorrendo il letto di un torrentino che scorre da Novembre fino a Marzo/Aprile, si arriva alla Fontana del Cacciatore, un posto cult di questo bosco; andare al bosco di Santo Pietro e non visitare questo posto è un peccato. Durante la nostra escursione abbiamo incontrato anche un esemplare di Testudo hermanni, uno degli abitanti del bosco.

Un esemplare di Testudo hermanni incontrato nel bosco di Santo Pietro.

Proseguendo oltre la Fontana del Cacciatore si arriva in uno dei punti più belli che c’è all’interno del bosco in cui confluisce l’acqua sia della fontana che di alcune fonti più piccole sparse lungo il percorso che abbiamo fatto, fonti individuabili grazie alla presenza della Capelvenere. In questo punto l’acqua arriva a fare un salto creando un’ambientazione davvero suggestiva.

Potremmo anche incontrare dei maiali neri bradi (i cinghiali non ci sono più), cioè ex animali da pascolo ibridati e che ormai vivono nel bosco allo stato brado. Abbiamo conferma di questo in quanto noi del team MNature ne abbiamo trovato uno morto con delle ferite da morso alla gola. I periodi migliori per visitare il bosco di Santo Pietro sono senza dubbio la primavera, per via della fioritura delle orchidee e il risveglio generale della vegetazione, e l’autunno per la ricchezza dei colori caldi che contraddistingue il paesaggio boschivo in quel periodo. A voi la scelta.

 

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